IV.
- Andrea Trofino
- 28 giu 2010
- Tempo di lettura: 2 min
Cosa v’è dunque di vero nell’amore se non quello di averlo vissuto? Sarà pur vero che siamo fatti solo di carne e lo spirito è solo una proiezione della nostra stessa mente, ma non sarà proprio perché è una nostra proiezione interiore che rende lo spirito o l’anima qualcosa di reale? Così come forse è reale lo stesso Dio che l’uomo ha pensato avesse creato il mondo mentre è vero il contrario e cioè che l’uomo ha creato Dio e non viceversa e forse paradossalmente per questa ragione Dio esiste davvero. Altrimenti come spiegare taluni sensi di colpa che infieriscono su di noi in determinati momenti della vita, che ci affliggono così dolorosamente, atti di cui ci pentiamo e per cui vogliamo essere perdonati. Ebbene, esiste ciò che l’uomo vuole che esista. La coscienza collettiva ha creato l’amore e Dio, ne ha voluto a tutti i costi la loro presenza ma non ha tenuto conto del fatto che la stessa coscienza collettiva adesso ne vuole la morte. Il problema è quello di creare qualcosa di nuovo in cui credere fermamente, un oppio immaginario dei popoli. La favola della Vergine che partorì tramite concepimento divino ormai non regge più al pari di una Biancaneve con i suoi sette nani. Neanche provare a smontarci l’immaginario tramite alieni ed UFO sembra aver sortito un buon lavaggio del cervello. E’ l’era in cui l’uomo sta smettendo di credere in qualunque cosa gli occhi non possano vedere e le mani non possano toccare. non si crede forse più neanche in se stessi, nella scienza e nella sua rincorsa inutile a demolire e superare il concetto e la fisicità della morte. Tutto ciò che non era visibile ma a cui si credeva ciecamente sta scomparendo come è giusto che sia. Ma l’uomo così si sente perduto, terribilmente perduto nella sua solitudine. Forse è davvero la fine di un’altra era o forse è solo un periodo di smarrimento. L’umanità intera deve pur ricominciare a credere e a sognare, anche nell’impossibile, se vuole continuare ad amare. E’ necessario ed inevitabile uno Streben romantico nell’uomo, che sia pur minimo, per sopravvivere alla sua debolezza fisica, un doping dell’anima è inevitabile.
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