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Stasi

  • Immagine del redattore: Andrea Trofino
    Andrea Trofino
  • 10 dic 2008
  • Tempo di lettura: 1 min

Mentre noi ci ostiniamo a cercare imperterriti ad ogni ora e minuto di ogni nostra età, gli altri si fermano oppure non cercano mai prendendo ciò che tra le mani riescono a sollevare e portare avanti. Qui, dentro il mio io tempestoso, dove oggi nuvole grige appesantiscono i tratti delicati di quelle che furono parvenze d’angelo s’ammanta piano una consapevolezza nuova (Samanta, non ho mai conosciuto qualcuno di nome Samanta). S’ammanta. E’ come un pipistrello nella notte che si attacca con tutta la sua apertura alare alla schiena, s’appiccica. Dov’era finita la sua vena ironica scanzonata, il suo sarcasmo, la sua leggerezza. Dov’era finito il suo vero io. Sembrava che tutto fosse stato risucchiato da una distanza che richiamava le luci delle stelle a sé. Sì. Quell’amore tanto ricercato alla fine era diventato una sorta di buco nero e lì adesso risiedeva lo spirito e il cuore. La libertà era stata cancellata nel nome dell’amore. Non amare mai qualcuno più di te stesso. Non amare mai. Eppure era la staticità che lo appiattiva al terreno sporco di questa terra. Tutto ormai sembrava immobile come scale che non salivano più oppure che scendevano. Era la stasi del caos, qualcosa, prima o poi, sarebbe dovuta per forza accadere. E’ una legge della natura. Jeremy, è che tu non arrivi mai al punto, non ti piace ricomporre.

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