Lettere dall’al di là
- Andrea Trofino
- 1 ott 2016
- Tempo di lettura: 2 min
T’ho incontrata al pub dei morti ieri. Sei particolarmente splendida vista dalla mia prospettiva, da questa intendo. Qui dove tutto è oscurità risplendi ancora di più di quando io ero lì sotto il cielo con te. Adesso sei davvero la mia stella. Ho proposto al Diavolo di farmi tornare ogni tanto, voglio stringere un patto, essere eterno con te. In un attimo. Sei tu il diavolo che splendi come un angelo? Allora ho subito pensato a cosa ti avrei scritto di nuovo. Te la mando da quaggiù che fa ancora caldo ma le mie mani sono fredde (il cuore è bollente nonostante tutto). E’ così che si ama fino alla morte? Ma io sono un fantasma, riesco ad avvertirti e ti ho percepita esattamente come se fossi viva. Sono entrato dunque in quel sogno, dentro un pub dove si leggevano libri. Sei bella come l’arte è quello che ho pensato. Voglio tornare dentro di te. Ancora e ancora.
Ho pensato che se tu fossi mia ti custodirei come una reliquia perché sei come la porcellana bianca ed avrei paura di romperti o spezzarti s emi avvicinassi a te. Sei di una bellezza non convenzionale, i tuoi lineamenti sono tratti creati da un’artista, sei bella ma bella come l’arte, sei un capolavoro che risalta e rinsalda, una bambola che splende luminosa in mezzo ad un mare di altri pupazzetti sbiaditi.
Prendimi la mano e accompagnami, ti prendo per un fianco abbracciandoti, camminiamo assieme silenziosi sotto il cielo buio di una notte. Sento che c’è una distanza tra noi che ci separa e non ci colma e non capisco mai di cosa sia fatta questa distanza. Forse è un vuoto da riempire ma ancora non so bene con che cosa. Forse è un vaso da colmare, un seme da piantare per far nascere la primavera che è nascosta dentro te. La tua bocca è il fiore, i tuoi capelli rami rampicanti che circondano il fiore. Ma tu, tu cosa sei davvero?
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