Prosieguo
- Andrea Trofino
- 10 set 2008
- Tempo di lettura: 2 min
Ci siamo incontrati alla deriva di un fiume corrotto dalla sua stessa corrente, un qualcosa sembra essere andato storto e cerchiamo di aggiustarlo con sapiente astuzia del pensiero che dimentica i torti subiti, o almeno, riesce a fare finta, e se sì, se si potesse dimenticare tutto in fretta come il battito di una farfalla, e neanche delle sue ali ma del battito del cuore di una farfalla, adesso Carlotta, tutto sarebbe più semplice. Io ti chiamo con più nomi, perché tu sei tanto, io ti chiamo con più nomi perché tu sei tutte le donne che ho incontrato in precedenza messe assieme. Ma potrei un giorno dirti che forse ti chiamo con più nomi perché in realtà sei una delle tante, una qualunque, e forse ci sarebbe anche da sorridere sopra, sì, soprattutto sopra.
Sono steso sul mio lungo divano rosso a guardare il soffitto, ascolto il silenzioso ventilare del condizionatore appena acceso, sbatto forte le palpebre, cerco di sognare e di pensarti attraverso immagini e mi viene rabbia. I ricordi più belli a volte fanno inorridire, perché non stiamo vivendo più quei momenti e in cuor nostro sappiamo che non li vivremo più di nuovo. Ma ce ne saranno altri, adesso è tutto avvolto nella nebbia di una strana estate che non è più la stessa, ce ne saranno altri. Forse altri infinitamente più belli, ma chi può dirlo.
Le ombre del sole si stagliano sul giardino.
Le campane suonano l’ora e mi chiedo perché non suonino la nona sinfonia di Beethoven. Sono stanco delle ore contate, come se bisognasse attendere con ansia il proprio andare dall’altra parte della vita.
Il delitto era stato compiuto per mano tua. Non era una coltellata ma un’attrazione fatale a farmi perdere il sangue, era il tuo fantasma uscito da quella porta, mi hai fatto male tu. L’amore a volte fa male.
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