Principi e fini
- Andrea Trofino
- 12 set 2010
- Tempo di lettura: 2 min
Adesso nella mia testa si sono aperti mille torrenti e io devo rovesciare fuori fiumi di parole, altrimenti soffoco.
Fedor Dostoevskij
Ti ho vista vicina, allo stesso tempo lontana, ma sentivo di poterti raggiungere soltanto attraverso un linguaggio diverso, non affatto in versi, come io odio i versi che non sono altro che il nostro piagnucolare sul proprio ombelico, e le lacrime sono belle da sciogliere e scansare via solo se si è carne davanti alla carne, quando sappiamo bene che a guardarci dritti negli occhi scopriamo che l’amore è soltanto un sentimento di copertura dal mondo per difenderci ma è in realtà la nostra pelle che sceglie. Ho bisogno di un altro linguaggio per poter comunicare con te, attraverso la mia lingua sulla punta della tua, con una matita che sappia disegnare alla perfezione la linea curva della tua schiena e il sopracciglio sinistro inarcato della tua maliziosa indignazione. Vorrei percorrere altre strade che mi possano condurre a te, nella residenza dove dovrei parlare un altro linguaggio per farmi accogliere, in che modo bussare alla tua porta, in che lingua potrei farmi annunciare? In questa casa che adesso splende di riflesso al buio della notte tra i lampioni dei marciapiedi e la variegata luce tenue rimasta del giorno andato, io mi siedo sul letto e con il mio sguardo riesco a pormi altrove, oltre questa stessa casa, oltre questa stessa città, oltre forse fino a vedermi da lontano. Vedo grattacieli illuminati, tante luci, la piccolezza della creatura umana che si annida in questo pianeta in realtà sempre più sconosciuto, dove ciò che davvero conoscevo era solo il profumo aromatico o amorematico della tua pelle. Cos’è tutto il resto se non lo si può condividere? Te lo dissi già allora, per vivere abbiamo bisogno di un pubblico ed un pubblico può essere composto anche da soli altri due occhi, l’importante è che recitando la nostra parte, recitiamo pienamente noi stessi nella più autentica autenticità. E’ così che siamo nudi uno di fronte all’altro. E’ così che ci spogliamo dalle foglie appiccicose caduteci addosso in un autunno di troppa complicità con il mondo esterno. Uguali. Solo se saremo estremamente uguali potremo amarci, così come già è stato un tempo.
Inanna era la donna giusta. Eva era l’ipocrisia incarnata.
Ci vuole forse un altro inferno, o forse un nuovo paradiso per capirci di nuovo. Io e te. Uomo e donna.
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