Ormeggiati alle nostre orme
- Andrea Trofino
- 11 nov 2008
- Tempo di lettura: 1 min
Il cuore quando si arena non s’arrende mai del tutto sull’infranta spiaggia, così come il sole che mi cala sulla frangia e colpisce la fronte bussando a questa piccola foglia sparsa al vento, io piccola fronda che si concede un attimo d’incespicamento tra le ciglia e gli occhi miei, come s’accoglie la pagliuzza nell’iride quando c’è nebbia, la cerchiamo per vedere meno, per venire meno al nostro senso di visione reale, ci impellicciamo in questo nostro visone, pelliccia di sicurezza, riparo dal freddo e dall’inganno che al gelo ci brucia la gola in fiamme, al gelo ci brucia la gola in fiamme. Dobbiamo farne un’altra canzone dove non s’incanta, non s’incanna e non si fumano nuvolette d’incenso incerto verso il cielo, incerto incenso di cenere che si libra leggiadro, in alto, in alto e noi come ballerine padrone dell’aria ci muoviamo danzando, commuovendo la platea rendendoci immensi in questi poveri mesi, in mesi di penuria, in mesi che andando via ci costruiscono ogni anno. Immane è il nostro desiderio di suggerire al cuore, suggerire, soffiarci dentro per capire, comprendere, cos’è st’ardore cos’è st’ardore se non altro sparso dolore, attimi di panico che ricondurrano a attimi di pane, bontà, gioia. Siamo impanati, ricoperti di una glassa nostalgica, siamo così su queste strade, impantanati. Le nostre orme.
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