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Il mondo in cui giaci

  • Immagine del redattore: Andrea Trofino
    Andrea Trofino
  • 10 giu 2016
  • Tempo di lettura: 2 min

Mi piace la tua razionalità sognatrice incorniciata dai boccoli di capelli neri che ti ricadono delicati sul collo, la leggerezza dei tuoi pensieri che camminano a piedi scalzi sulle nuvole dove non cadi.


Ed è così che ti vorrei ritrarre in una sensualità sognante, mentre dormi raccolta nei tuoi desideri.


Perché il tuo corpo è come quello di un quadro di K. ed io vorrei immergermi in uno di essi all’interno della cornice solare, solleticandoti lì, tra la tua pelle e le tue indecisioni, solleticandoti sotto i piedi scalzi per far sorridere il cuore, per osservare con incantato stupore il piacere che si spande tiepido dilatandosi nelle tue pupille, come lacrime affette dalla sostanza che ci rende unici e soli, soli e stelle perché tu sei fatta di quella medesima sostanza di cui narra Shakespeare nei suoi tomi antichi. Giulietta dei Capuleti ma anche cerbiatta che corre tra le distese di un manto erboso rigoglioso di fiori che tutti ti somigliano. Cos’è un nome, cos’è un nome, io di te preferisco il sapore e l’odore, la scia che ti lasci intorno quando mi sfiori e mi avvalli.


Sei la stella al mattino e il pianeta di Venere nel buio timido delle ombre della notte e laddove cammini scalza crescono fiori come se tu fossi la portatrice di ogni grazia della natura, semini il terreno dietro di te di essenze che nutriscono, semini anche il peccato che nascondi con l’ombra di un girasole. Tu mi nutri quando la fame mi divora, mi riempi, riempi il vuoto della stanza quando cammini delicata, leggera e come sospesa, come un fantasma venuto da paradisi sconosciuti e ti sussurro piano all’orecchio piegandomi piano che quei cieli io vorrei conoscere, per volare altrove insieme, prendendoci le mani per non avere paura di cadere, formando un unico essere alato che non ha paura di cadere attraverso la vertigine sostanziale delle cose reali che legano al mondo, lì dove si ergono i peccati più acuminati che abbiamo evitato e che per troppo, lungo tempo, abbiamo scansato.


Là, oltre le colline, ci aspetta il giardino dove ci poseremo, là oltre le colline ci attende il giardino dove riposeremo. Per sempre.

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