XVIX. Fine semiseria dei notturni in un cielo stellato d’agosto
- Andrea Trofino
- 11 ago 2010
- Tempo di lettura: 2 min
I notturni si svegliarono di nuovo a mezzogiorno. Il muso questa volta se l’erano sfracellato di nuovo cadendo da un grosso dirupo con la propria auto e invece di fare i musoni ottennero per bontà divina il mascellone hollywoodiano. Tutte le notturne s’innamorarono dei notturni. Tutte cadevano ai loro piedi e i notturni non perdevano tempo a tirare dei bei calci grossi alle notturne in ginocchio da loro direttamente anch’essi sui loro musi. E così anche le notturne iniziarono ad avere un bel muso da cavalle. I notturni e le notturne iniziarono a tendersi la mano e a camminare insieme per le strade accarezzandosi le braccia reciprocamente e seppur con qualche difficoltà ricominciarono a vedere la luce nella sua vera essenza. Portavano gli occhialoni neri i notturni. Avevano la pelle chiara e pallida così come lo erano state le loro idee impolverate fino a qualche tempo prima, non avevano la più pallida idea e non avevano più delle idee chiare. S’erano ingrigite e scurite nella notte. C’era stato bisogno di uno scontro fenomenale per farli tornare a veder le stelle. Una botta in testa. Sì, fu proprio una botta in testa verso mezzogiorno. Si allearono tutte le madri del sabato sera per dare quella botta in testa a tutti i notturni che tornavano con la febbre di quella sera prima. Le madri erano giallognole, il giallo dell’età adulta, prima che arrivi il rosso che lasci passare a miglior vita. E boom. Una botta ed un’esplosione colossale si avvertì ovunque. I notturni riaprirono gli occhi, ricominciarono a vedere, le idee si fecero chiare, e chi non aveva la più pallida idea la spedì in spiaggia ad abbronzare. Fu così che finì l’era dei notturni. Ricominciarono ad amarsi, anche se con qualche lite, ricominciarono a camminare su sentieri lastricati di sabbie dorate. E qualche macchia di sangue.
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