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Volo 1877

  • Immagine del redattore: Andrea Trofino
    Andrea Trofino
  • 26 mag 2010
  • Tempo di lettura: 2 min

L’ho incontrata su un aereo. Non avevo mai preso un volo così. L’ho incontrata volando, sbandando in alto e in basso tra intemperie, perturbazioni e piccoli pertugi pieni di spifferi. E’ solo un vuoto d’aria. Prendi il sacchetto, respira l’ossigeno, è solo un vuoto d’aria. E’ così che l’ho incontrata, durante un vuoto d’aria sul volo 1877 che stava per precipitare il giorno del mio compleanno, il giorno in cui avrei dovuto festeggiare la mia promozione. Mi risucchiò interamente, non riuscii a rimanere vigile incontrando i suoi occhi, svenni sul sedile con l’ossigeno che mi saliva alla testa e i fulmini dal finestrino che mi creavano scosse epilettiche. Una crisi. Una crisi da Dio che vola sopra le nuvole. Era il volo 1877 e il mondo stava per finire. Ero io che stavo per finire. Ero finito su quel volo per incontrare lei. Persi i sensi. L’aereo tracollò verso il basso, verso la marea nera della notte con il cielo che risplendeva con una debole luce. Piccoli bagliori creati dai riflessi dei lampi sulle nuvole. I motori completamente in avaria, bruciati. Ci lasciavamo dietro delle scintille come i resti di un fuoco d’artificio, un’esplosione di allegria. Come la mia vita. Solo un povero scoppiato. Una vita completamente inutile con qualche scintilla in mezzo. Fu lì che incontrai la persona che avrei sempre voluto conoscere, e fu lì che finì tutto. La vidi in faccia. Due occhi e una bocca scura come un tunnel, con in fondo il nulla. Forse aveva un cattivo alito. Fu lì che mi trovai faccia a faccia con la morte. L’avevo cercata nel corso di tutta la mia povera esistenza. Finalmente la salvezza.

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