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Il culto dell’illeso

  • Immagine del redattore: Andrea Trofino
    Andrea Trofino
  • 29 mag 2010
  • Tempo di lettura: 2 min

Sono rimasto illeso. Nessuna cucitura intorno al mio volto o sulle braccia, nessun segno sulle gambe o intorno agli occhi se non profondissime occhiaie che mascheravano il buio infinito che si era impossessato della mia anima dopo il crollo avvenuto dopo il decollo. Non bisognerebbe mai fermarsi una volta raggiunta la vetta e bisognerebbe invece continuare a salire, in cielo, continuare con tutte le proprie forze a cercare di volare, di buttarsi. Fu così che ripresi il cuore in mano, e mi accorsi che era l’unico mio organo ricoperto di cuciture e cicatrici, era palpitante, era vivo più che mai nonostante il fatto che ci si potesse aspettare che una volta deceduta l’anima, muoia anche il corpo. No, io avevo troppa passione per morire definitivamente. Dovevo assolutamente donare quel cuore ad un’altra persona. In fin di vita. Un altro cuore infranto, una persona che stesse per morire senza più ossigeno e sangue che venisse pompato al cervello. Il mio compito sarebbe stato quello di sopravvivere solo per il mio cuore, per fare il donatore d’organi a chi come me era sopravvissuto all’incidente più pericoloso che possa capitare nella storia di un uomo: innamorarsi e poi perdere l’oggetto d’amore. L’amore perduto, l’arca dell’alleanza, la sacra sindrome che ci esalta e ci umilia, che fa rinascere e che ci fa morire. Forse avrei dovuto far elevare a religione quello strano culto dell’attrazione, come simbolo sacro un cuore pulsante all’interno di una bacheca di vetro. Un cuore rosso. L’unico cuore che non sarebbe mai stato più donato. Morire. Rinascere. E’ questa una religione. La nostra religione sono le storie d’amore. Dopo quel volo capii una cosa fondamentale: che anche la morte si sente sola, ed anche lei, anche lei desidera un bacio da uno sconosciuto. E’ sexy la morte. Quel vedo non vedo. Ah ah ah! Quel sento non sento. Ah ah ah! Sono forse impazzito, può darsi. Adesso so bene chi amare. Adesso ho capito qual è il culto da seguire. Nessun Cristo per Pietà! No, nessun chiodo, nessuna più sofferenza, nessuno spargimento di sangue ai polsi (hai mai provato a tagliarli per amore?) e nel petto (ti sei mai picchiato fino a farti male?). E’ il cielo. E’ lo specchio d’acqua in cui m’intravedo d’estate nei miei sogni bagnati. E’ quell’orribile faccia segnata che ti tocca vedere tutte le mattine allo specchio che devi venerare come un Santo. E’ questa la verità. Non c’è nessun altro Dio che te stesso, mi dispiace, è questa l’orribile verità, ed è a tua immagine e somiglianza. Ma non preoccuparti. Al massimo durerà un centinaio d’anni per i più sfortunati. Tu, al massimo, arriverai intorno ai 38, forse 40 anni. Abbi pietà di te. Era tempo della cena. E tutti gli invitati furono costretti a ubriacarsi.

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