Vengo a te
- Andrea Trofino
- 18 giu 2016
- Tempo di lettura: 2 min
– Sono bruna di capelli e pelle e sono bella, figlia della terra dorata dove brucia la sabbia al tramonto, al di sotto delle tende di seta rossa al di là dei mari di occidente, tu mi chiami M. ed io sussulto nel mio rifugio dove mi cullo la notte.
– Io sono il tuo narciso che viene da lontano a cercarti sussurrando il tuo nome nei venti sperando che essi ti raggiungano sui lobi delicati dove si intrecciano i tuoi boccoli che scendono, il mio corpo è forte e il mio viso dolce come un giglio così come lo è la mia amata tra tutte le donne, tra tutte le fanciulle. Mi avvicino, sto viaggiando per raggiungerti lungo rotte con orizzonti di fuoco e cielo cobalto.
– Mio narciso sei come un melo tra gli alberi del bosco, il mio diletto fra gli uomini. All’ombra, al riparo a cui anelavo, mi siedo e dolce è il suo frutto al mio palato. Mi avete condotta alla cella del miele e dell’ambrosia affinché io possa bere con voi attraverso la vostra bocca e attraverso il calice di argento che mi offrite, sono deliziata dalla vostra carnale presenza, le mie gambe tremano, le gote arrossiscono, perché io sono malata d’amore per voi, mio narciso, pomo e frutto della terra succoso, io desidero cogliervi e gustarvi.
– I tuoi seni sono come due cerbiatti che tremano al sole e si irrigidiscono al vento tiepido della sera su questo prato dove pascolano daini. Attendiamo calare la sera aspettando il sole sfiorarci come un terzo amante tra noi. Come non mai io ti desidero fanciulla di queste terre percorse da fiumi di miele e cascate di latte, io voglio bere da questa natura come voglio bere dal mio amore tra tutte le altre donne libere. Io corro da voi, sento le foglie e l’erba sfiorarmi, gli aghi feriscono. Le sue labbra stillano il succo più dolce e del sapore di ciliegia conosco la punta della sua lingua, il suo leggero vestito emana il profumo di un mare e di una terra lontana, le mie narici si inondano delle tue essenze.
Lei adesso dorme ma il suo cuore veglia, il suo corpo è vivo, il narciso la cinge a sé proteggendola dalla notte stellata che procede imminente. È questo l’amore a malapena iniziato e dovrete ancora attendere perché l’attesa è più dolce e sublime dell’atto avvenuto.
Il mio diletto ha messo la mano nello spiraglio | e un fremito mi ha sconvolta. | Mi sono alzata per aprire al mio diletto | e le mie mani stillavano mirra, | fluiva mirra dalle mie dita | sulla maniglia del chiavistello. || Ho aperto allora al mio diletto, | ma il mio diletto già se n’era andato, era scomparso. | Io venni meno, per la sua scomparsa. | L’ho cercato, ma non l’ho trovato, | l’ho chiamato, ma non m’ha risposto. | Mi han trovato le guardie che perlustrano la città; | mi han percosso, mi hanno ferito, | mi han tolto il mantello | le guardie delle mura. | Io vi scongiuro, figlie di Gerusalemme, | se trovate il mio diletto, | che cosa gli racconterete?
A. T.
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