Untitled
- Andrea Trofino
- 17 giu 2016
- Tempo di lettura: 2 min
Bum!
Allora adesso tocca a me? Dopo aver fatto l’amore, dormiremo abbracciati. La tua schiena contro il mio ventre. E io stringerò le dita dei piedi intorno alle tue caviglie, come delle mollette, perché tu non possa volar via la notte. Saremo come un’immagine su un libro di scienze: un frutto tagliato a metà, tu la buccia e io il torsolo.
P.S. Non credevo che avresti osato tanto.
17 giugno
Quando faremo l’amore voglio chiudere gli occhi e sfiorare Il delicatezza i tuoi peli, laggiù, sotto l’ombelico, per sentire sotto le dita quel punto, uno dei punti, delicato e setoso, in cui da bambina ti sei trasformata in donna.
A.
Senti… Non è così semplice quello che hai fatto. E più ci penso, più mi sembra che tu abbia tradito me. Per qualche mese ti sei divertita con quell’innocuo pagliaccio che ti faceva delle smorfie, concedendoti qualche piccola eccitazione borghese. Il flirt segreto di una casalinga perbene. Poi, quando ha cominciato a farsi troppo intenso, quando improvvisamente hai sentito dentro di te un fremito autentico e vivo, ti sei spaventata e hai cominciato a gridare “aiuto”! Leggo la letterina spermicida che hai accluso alla mia busta ancora chiusa e stento a crederei: adesso, dopo tre mesi, ti viene in mente di accusarmi dicendo che flirteggio non con te, ma con una “perpetua tentazione d’infedeltà” dentro di me. Un auto-corteggiamento interiore?! A volte usi delle espressioni anacronistiche e puritane che mi fanno morire.
Ancora un momento, ok? Anni fa pensavo di sottoporre ogni donna attraente a un particolare esame per stabilire se sarebbe stata la “donna della mia vita”. Pensavo che l’avrei guardata profondamente negli occhi, avvicinandole il viso. Più vicino, sempre più vicino, finché il mio occhio avrebbe toccato il suo. Proprio toccato. Non solo le ciglia o le palpebre, ma i globi oculari, l’iride e i dotti lacrimali. Naturalmente sarebbero subito sgorgate le lacrime. Il corpo è fatto così. Ma noi non avremmo ceduto, non ci saremmo arresi ai riflessi condizionati e alla burocrazia del corpo finché non fossero emerse le immagini più offuscate e remote delle nostre anime. Questo voglio ora. Vedere l’oscurità che c’è nell’altro. Perché accontentarsi, M.? Perché non chiedere, per una volta, di poter piangere con le lacrime di un altro?
PS. Nella casa si è fatto buio. Nella mia anima c’è un senso di vuoto e malinconia. Un intero reame mi è crollato attorno senza tracce, senza rumore e fragore (dove sono finite le sue labbra di fragole?), mi è balenata una visione al calare della notte e nemmeno io ricordo cosa abbia vissuto.
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