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Pelle di Bronzo e Faccia di Magnesio

  • Immagine del redattore: Andrea Trofino
    Andrea Trofino
  • 23 ago 2016
  • Tempo di lettura: 2 min

Un’altra sveglia la mattina che mi rompe il tempo del sonno, infrange le lancette che sono incuneate negli occhi facendomeli spalancare. E’ stato un altro incubo, un attacco alla mia fortezza che a forza di cercare di amare si sta trasformando in debolezza. Sono sotto assedio, sotto attacco, mi alzo a fatica con le membra indolenzite e mi accorgo che nel petto mi manca un pezzettino che ti avevo regalato. Lo rivoglio adesso indietro nel suo posto giusto. Ho notato che a dare troppo non ho mai ricevuto nulla, tutto questo non mi sembra leale né razionale poiché mi aspettavo che una volta spedito mi sarebbe tornato indietro. Invece dopo mesi di vagabondaggio mi trovo vuoto perché mi hai tolto dentro.

Hai rubato tutte le emozioni, le hai assorbite ad una ad una man mano che le provavo usando il libretto di istruzioni.  Le hai succhiate via e aspirate riempiendo il tuo ego già troppo gonfio e il tuo di vuoto interiore.

Adesso cosa c’è? Ci sono io che ho voluto entrare a tutti i costi e adesso con i saldi non so più dove parare, non trovo più la testa, devo averla persa, ma qualcuno mi disse che è una follia se la testa non si perde in due, poiché uno dei due rimane decapitato, bisogna necessariamente morire insieme ed evitare a tutti i costi di farsene una ragione perché quando l’amore è folle se te ne fai una ragione… impazzisci, quindi perdiamo la testa.

Qualche volta ho pensato a quell’idiota.

Non siamo liberi vero? Nessuno è mai libero ormai l’ho capito. Ognuno vive nella propria gabbia e non riesce a spezzare le sue sbarre, a piegare il mondo che ci viene inflitto, a cambiare le regole del gioco che ci rende prigionieri e distanti.

Ci vogliono le classi che ci uniscano, le case che ci rinchiudano, le porte bloccate e gli ascensori che non scendano né salgano ma tuttalpiù schizzino in Paradiso dove non vorrei mai finire abituato a tutto quest’Inferno lassù mi annoierei da morire di nuovo.

O forse sono già morto? Mi metto nel letto con le braccia incrociate, guardo il soffitto, mi sento una mummia, un bozzolo senza più la sua farfalla. Mi hai svuotato, mi hai sfarfallato allo stomaco e poi sei volata via.

Adesso mi toccherà di nuovo riempirmi di altro che non sia di nuovo alcool.

Di un altro manto di stelle, di un mare di altre salate abitudini, di contorni sfumati e di nuove curve su cui sbandare, di un nuovo incidente in cui tutti si facciano del bene e mai più del male, uno scontro frontale con la realtà delle cose e dei casi.

Non ricevo più tue notizie da giorni e i miei livelli di dopamina sono scesi ai minimi storici. E’ la fine dell’estate.

 
 
 

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