Le ali della libertà
- Andrea Trofino
- 18 gen 2020
- Tempo di lettura: 3 min
Ho sognato un volo lungo continenti e mari diversi, l’orizzonte lontano con il sole che calava a picco su un trabiccolo volante tra bambini e vecchi andati che cercano la speranza dimenticata.
Ho sognato di questo paffuto omino nero, grasso, volgare e sputacchiante che rinnegava la mia presenza ed io fermo a subire quando ad un tratto ho deciso di sputargli addosso io sulle sue guance paffute di grasso ripieno del passato, malconcio, maldestro, malocchio dimenticato.
Ho sognato di incontrare il pilota dell’aereo, scappando dall’omino nero del male, un pilota con medaglie, pulito, intelligente che mi ha fatto vedere il nuovo orizzonte, la vita nuova che stava lì davanti. Ho preso confidenza, sicurezza. Ho gettato via il quaderno e la penna per prendere gli appunti di viaggio.
Ho sognato lo scalo, l’incontro con i bambini del futuro, magri, di colore, ma con un sorriso largo come un abbraccio, la felicità nei loro occhi. Sono tornato anch’io bambino, tornavo bambino man mano che proseguivo ed ero anche possente allo stesso tempo, forte con lo sguardo dritto e la testa alta. All’inizio camminavo lungo questa strada di legno che andava in discesa, ho iniziato a saltare per andare più veloce, davanti a tutti ho lasciato i vecchi vestiti e continuavo a diventare grande sentendo la gioia e l’imbarazzo di un bambino che entra per la prima volta a scuola.
Sotto la discesa tra migliaia e migliaia di altri come, vecchi, giovani, audaci e non, umili e sfiancati, sorridenti, con gli occhioni curiosi di chi sta per vedere un nuovo mondo e un nuovo modo di vivere, la fuga da quella che credevo irrimediabilmente essere la mia gabbia per allodole, il carcere da cui non sarei mai uscito più, l’infelicità iscritta nel destino. Ne sono fuori, sto andando fuori dalla galera di false promesse e dall’acciaio arrugginito dei ricordi. Ho sognato l’incontro con la libertà e questa libertà è l’unione, la fraternità con bambini che pensavo essere tristi per la loro condizione di povertà e invece sono gli esseri più felici del pianeta. Non posso dimenticare il loro volto splendere. L’amore si trova lì dove le persone si danno la mano per creare un cerchio di solidarietà dimenticata nel vecchio paese dell’Occidente. La corsa attraverso una neve ghiacciata con sotto il ghiaccio delle formazioni che sembravano milioni di uova, uova che fecondavano forse la nuova vita. E man mano che correvo lasciavo il passato infelice che veniva dimenticato, divorato nell’oblio di un me stesso che non era più me. La gioia di atterrare su una nuova terra fatta di natura dove ogni essere si congiunge con l’altro, dove l’imbarazzo della timidezza è solo un tratto da apprezzare per se stessi, dove ogni creatura è felice perché ne incontra sempre milioni di altre pronte ad accoglierti, a cullarti nel loro linguaggio e con il loro stesso corpo. Ho scoperto che l’amore esiste ed esiste nel luogo giusto per noi e può essere condiviso con milioni di altri perché di amore sono fatti anche loro come le stelle stanno insieme la notte congiungendosi con i raggi.
L’omino paffutello e nero, il male della mia gabbia, i chiodi che mi sferzavano sono l’incubo che pian piano è scomparso nel nulla. Io adesso sono dio, uno dei tanti e allo stesso tempo unico, unico dio di me stesso, eternamente felice.
Il dominio dimenticato, i capi, gli oppressori, i governanti, i re e i despoti, gli imperatori, vivono tutti per creare la tua sofferenza, il tuo carcere. Libertà vuol dire non avere nessuno che opera il dominio su te stesso, condizionando i tuoi desideri in maniera distorta e facendo dimenticare ciò che davvero Vuoi.
Io sono dio di me stesso. Adesso lo so. Posso fare della mia vita una girandola.
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