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La Puttana: Atto II

  • Immagine del redattore: Andrea Trofino
    Andrea Trofino
  • 26 apr 2014
  • Tempo di lettura: 1 min

“Alla casa al mare sabato ti prego non mancare”. E le mie carni di bambina fremono ancora, al pensiero delle tue mani ruvide. Quella casa è il nostro piccolo inferno privato, amore? Mi guardi entrare, spavalda come so fingere bene. Non ti fa paura questa nostra follia? Non ti accorgi che dentro tremo. Lascio affondare il tuo volto vissuto fra le mie cosce ingenue, mi abbandono alla maestria della tua lingua sfacciata. Cos’è questo piacere che mi cresce dentro? Questa belva feroce che mi urla il tuo amore. Stringo forte le gambe, voglio sentirti respirare dentro di me, voglio sentirti vivere in me. E tu mi cogli come un frutto ancora acerbo, e mi culli come le onde del mare. Ti graffio la schiena con le unghia lunghe e sporche di salsedine. Voglio lasciarti il mio marchio, voglio che il mondo sappia che tu sei mio. Ma non lo sei. Questa nostra sciocca passione non ci porterà a nulla di buono. E proprio mentre il buono della vita sgorga dal tuo corpo in estasi e mi sporca i seni, osservo le rughe che segnano il tuo viso appagato. Mi hai desiderata, mi hai avuta. Ma adesso cosa ne sarà di noi? Cosa ne sarà della fede che ti contorna il dito con cui scovi il mio piacere?

 
 
 

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