La casa diroccata
- Andrea Trofino
- 3 ott 2020
- Tempo di lettura: 2 min
Sto soffocando. Sul letto dove dovrei dormire e riposare sto soffocando. Mi giro e vomito per terra. Ci sono chiazze di sangue rosse adesso su mattonelle gialle. Maionese e ketchup. Sono due colori che stanno bene insieme. Non respiro più. Mi manca l’aria. Qualcuno entra ed apre la finestra, i raggi del sole entrano come lame che feriscono i miei occhi gonfi. Mi prende in braccio, io ancora ansimante, mi porta con le braccia forti sul divano dove mi butta giù come un sacco. Sprofondo dentro, guardo ancora il soffitto come se aspettassi che da quel soffitto cada un’idea che mi faccia male in testa. Poi mi alzo sullo schienale del divano e accendo una sigaretta. Accendo la TV. L’unica cosa che non si accende è il mio cervello e lo stomaco è sempre vuoto. La grassa signora che viene ad aiutarmi tutte le mattine entra, sbriga velocemente le sue cose, pulisce mi sbatte giù dal letto e va semplicemente via. Sono un uomo solo. Raggiunto dalla disperazione in tempi di guerra. Sono senza un lavoro e per quanto avessi cercato una vita intera è sempre stato inutile. Conosco a memoria migliaia di libri, ho frequentato corsi, ho girato il mondo. Nessuno mi vuole. Né nel lavoro, né nella vita. Avrei voluto amare ed essere amato. Mai accaduto. Adesso sto vomitando. Avrei soltanto voluto una vita semplice e serena e non mi sarebbe dispiaciuto diventare anche ricco. Mai accaduto. Leggete “Padre Ricco, Padre Povero” di Robert Kyosaki, è da questo libro che dovete iniziare. Adesso ho i crampi all’addome. Ho deciso di vendere questa casa, forse riesco a salvarmi prima che il mio cancro mi porti via. Ho messo annunci ovunque su tutta internet, sì, sì, ce l’ho ancora internet, non è mica finito il mondo! Trascorrono due mesi. Una famiglia entra in quella casa e trova il corpo disteso per terra come un tappetto, ma pieno di piaghe. Il sangue e gli altri effluvi penetrati nel legno del pavimento, l’odore nauseabondo della morte. La casa fu venduta per un 60.000 dollari ad una famiglia originaria inglese. Dopo essere entrati non si stupirono e iniziarono a scavare fuori nel giardino. Ero morto di fame. Non di cancro (mai accaduto!). Ero diventato un morto di fame. E’ quello che succede quando dicono che il lavoro uccide. Il lavoro che non trovi ti uccide. Eppure, mentre vi parlo, (uomo morto che parla è il numero 47 se non sbaglio, giocate sulla ruota di Napoli) sono convinto che un giorno quella casa verrà venduta ad un milione di dollari. E’ così che funziona il mercato immobiliare. Lo dice Robert Kyosaki. Io amo Robert Kyosaki. Adesso però sono ufficialmente morto di fame ma sento il gran sollievo che viene dal togliere ogni pesante fardello dalla vita. La morte è un dolce sollievo da tutto. L’ultima panacea universale. Forse vi racconterò un’altra storia.
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