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Intervista V. 2.0

  • Immagine del redattore: Andrea Trofino
    Andrea Trofino
  • 2 apr 2011
  • Tempo di lettura: 2 min

Finalmente sei arrivata. Mi hai sempre fatto aspettare un’eternità e in quell’eternità  ho imparato ad avere paura della solitudine, paura di me stesso. Mi hai insegnato cosa vuol dire essere soli e adesso che siamo insieme ho voglia di andare via magari nel Montana a fare il cowboy, di certo vorrò essere lontano da qui per poterti finalmente dimenticare. Non hai mai saputo apprezzare la mia sensibilità forse il mio unico pregio, la mia capacità di comprendere ciò che hai dentro senza manifestarlo. Difatti però non hai mai sopportato il mio silenzio mentre a volte sai, il silenzio è d’oro e dietro di esso si possono nascondere un milione di parole. Nonostante tutto questo sei sempre stata la persona che ho amato di più e il mio più grande rimpianto è stato quello di perdere l’occasione di farti innamorare. Questa, mia piccola baby,  è una fottutissima ingiustizia da succhiacazzi e come tutte le ingiustizie dell’umanità, un’ingiustizia che mi perseguita così come fa l’indifferenza e l’egoismo di tutti gli uomini e le donne che vivono in questo cazzo di mondo. Mi piacerebbe tornare in quella stanza di hotel dove abbiamo passato le ore più felici assieme. Ore di passione, di delirio dei sensi, di amore selvaggio.  Ma poi, mi ritroverei inevitabilmente al mio lavoro che non sopporto e che ho sempre odiato. Avrei voluto essere un medico o uno psicologo, o perché no, addirittura un chirurgo, per tirarti fuori il cuore, per poterti leggere dentro, per meglio capire anche me stesso. Forse hai ragione: se fossi stato più sincero sarei riuscito a dirti che ti amavo. La sincerità  fa di un uomo, un uomo vero.  E’ inutile adesso che tu ti muova in quella maniera accattivante. Nonostante la sensualità  sia  sempre stato quello che ho apprezzato di più in te, come anche la tua dolcezza adesso è qualcosa che non può più interessarmi. E’ tempo di separarci, voglio andare via di qui, da questo paese, da questa città, da questo Stato. Rifarmi una vita magari con dei mocciosetti che mi ronzano intorno, bang bang! Diventerei un vero cowboy baby. Ma il mio più grande sogno e che resterà tale è quello di riuscire a farti fuori mia bella baby. Proprio oggi, adesso, in questo stesso istante, con questa pistola che ho tra le mani. Ma non ne sarò mai capace, non ne sono mai stato capace né prima, né adesso, né mai. Puoi chiamarmi vigliacco oppure, oppure ti potrei suggerire che in realtà è perché sono un giusto, un fottutissimo “buono”. Ed i “buoni” tu non li hai mai amati. Li hai tutti uccisi dentro.  Ma in me non sei riuscita ad uccidere anche un altro sogno e quello resterà segreto in eterno perché i sogni si realizzano soltanto quando ti svegli ed io, per adesso, preferisco continuare a dormire.  Addio.

 
 
 

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