Insalata perduta
- Andrea Trofino
- 21 feb 2018
- Tempo di lettura: 2 min
Dolce, come se fossi un nutriente per l’anima, come un cibo a tavola da assaporare, posata, così tenera e a portata di bocca e mano, sei come il sapore del mare, salata e infinita, indefinita come l’orizzonte all’ora tarda qui di fronte, è un tuffo pericoloso affrontarti quando sei in tempesta, ma io mi sento forte, sono colui che a te si manifesta, ma poi sei partita, dipartita.
“Non fuggire via mia sirena incantatrice, tutto questo dolore non mi si addice, tutto tace, tutto è infelice da quando amara sei andata via, far away, portata dal vento, volata via col tempo, mi sento scontento, il cielo si scuote, le foreste ululano alle notti spietate. Ma come me lo spiegate? “
Nel frattempo la nuvola di passaggio all’ora di mezzogiorno, nasconde l’occhio mio ferito al sole accecante, come l’amore dicono che sia, cioè cieco e storpio, e quella ferita alla mia pupilla dove tu ti posasti come mia unica immagine del mondo, tesoro, pietra preziosa, banca del cuore, moneta per l’anima, io non andrò a lamentarmi in mondo visione, lo terrò tra me e la terra, tra me e l’erba spoglia, verde, come nelle foglie in cui rinasco.
È un passaggio necessario, un ponte da attraversare e poi far saltare, brucio le tappe, incendio questo fuoco in petto senza più il tuo cospetto non ti rispetto. Ancora quattro passi in salita, sì, tu che sei stata salata, mi sei costata, costata, come ad Adamo la costola, non posso più lamentarmi, non sono più scosso, sei tu il terremoto, calamità naturale, sei passata attraversandomi l’anima.
Adesso io percorro le onde del mare, naufrago, affogo e poi riaffioro e in alto mi elevo sino al cielo dove un soffio d’aria sarà il mio ultimo bacio.
Ti dico anch’io addio mia adorata senza più nessun odore, senza più sapore.
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