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Il vuoto è là fuori

  • Immagine del redattore: Andrea Trofino
    Andrea Trofino
  • 19 set 2013
  • Tempo di lettura: 2 min

Molte persone quando sono tristi, sole, depresse, malinconiche, possono sperimentare quello che molti chiamano “il vuoto interiore” e si convincono che quel vuoto che sentono è dentro di loro. Dicono di sentirsi vuote, spompate, “svuotate”, di avere un buco enorme verso la base dello stomaco, un buco enorme da riempire. Ma siamo davvero certi che questo vuoto si trovi “dentro” e non piuttosto “al di fuori” di ciò che circonda la persona che sperimenta questa sensazione? Molte di loro poi fanno di tutto per cercare di riempirlo e lo fanno proprio fisicamente con abbuffate di cibo attraverso una sazietà senza fine oppure ricorrendo all’alcool ingurgitando un bicchiere dopo l’altro al fine di colmare, riempire fisicamente quel vuoto. Ma sia il cibo che l’alcool non fanno altro che dilatare lo stomaco che in realtà proprio per il fatto di diventare più elastico e dilatato diventerà un vuoto sempre più ampio, più largo da cercare di riempire. Sono i recettori del cervello che si placano per qualche istante, ma solo per qualche istante: accrescono i livelli di dopamina, ci sente meglio per poco tempo e subito dopo c’è solo un forte down che farà cadere quelle persone di nuovo nella disperazione. Non tutte però ricorrono a questi dannosissimi abusi e dipendenze e vivono il loro vuoto magari scrivendolo anche nei loro diari o blog, o su qualche riga di un inutile Social Network. Inizio a pensare che il vuoto non si trovi dentro. Il vuoto è il vissuto esteriore delle persone che lo percepiscono. In realtà il vuoto, che ingurgita e fagocita noi stessi è là fuori, fuori di noi, fuori dalla nostra finestra, “fuori” e all’interno di un televisore o di un monitor che succhia via le nostre energie creative e critiche esattamente come farebbe un buco nero. Il vuoto possono essere le persone che ci circondano, spesso sono quelle più vicine che ci assorbono oppure l’opinione in generale che “gli altri” hanno del mondo che di conseguenza ci condiziona ed apre la nostra voragine che è direttamente riversata sul mondo esteriore, non interiore, viene tutto riversato fuori. E’ là fuori che il nostro malessere si spinge, è là fuori che crea danni e si nutre, è là fuori che noi agiamo ogni giorno e i nostri pensieri vengono da ciò che assorbiamo da là fuori. Dunque per “riempire il vuoto” non bisogna “assumere” bensì regolare il nostro organismo ad interagire in maniera di nuovo positiva con l’esterno che vive intorno a noi, cercando in questa interazione di allontanare tutti i possibili condizionamenti che lasciamo insinuarsi in noi attraverso “gli altri” e questi “altri” sono sempre e vivono nel nostro mondo esteriore. Se non modifichiamo il nostro assetto con questi altri, continueremo a provare il vuoto e se questo perdura ci sarà il pericolo di incorrere in comportamenti molto pericolosi per la nostra salute.

 
 
 

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