Il ritorno
- Andrea Trofino
- 14 ott 2019
- Tempo di lettura: 2 min
“Ti voglio abbracciare”. Il vento corre per le strade vuote del paese, strade fallate ed erose, strade deserte, bombardate dal tempo, dalla natura distruttrice, dalla dea madre che non ha nessuna pietà. Il fischio si allontana restando ugualmente presente, foglie rosse svolazzano come in un balletto, una danza, in un turbinio che le fa volare in alto, rosse, rosse come il sangue e la vita che vuole andare via. “Ti voglio abbracciare”, le dico ancora. Lei guarda fissa il cielo lontano, seria, come se presa da una sensazione di smarrimento, c’è paura nei suoi occhi, la paura di un avvenire che non ci sarebbe più stato. “Ti voglio abbracciare, è l’unica cosa che voglio adesso, voglio sentire il calore di una persona, voglio sentire il cuore che batte, voglio sentire la tua vita”. Mi avvicino a lei da dietro mentre osserva triste dal balcone il cielo lontano, il sole offuscato dalle nuvole portate dal vento. Il vento, quando c’è il vento qualcuno impazzisce dicono le storie indiane. La abbraccio delicatamente i fianchi lei si gira pianissimo, come al rallentatore, mi guarda con lo sguardo grigio. Le foglie rosse. Il suo tenue calore. Le sue labbra sono rosse, ma gli occhi ingrigiti. Guardo con aria spaventata il sole offuscato. Quando si copre non è mai un bene. Se lei è il fiume, il Sole deve splendere sempre.
Si è ripresentato il mostro. Il mostro che invade piazze e balconi. La peste nera che nessuno sa di cosa sia fatta, sta contagiando tutti dall’interno. Le emozioni si affievoliscono. Si è seduto davanti a me l’altra sera ed ha voluto che gli offrissi dell’alcool. Lui chiede sempre perché non ha niente da dare mai, il mostro. Il mostro non ti da mai niente. Lo riconoscete subito. Prende soltanto e riempie le vostre teste di bugie e menzogne, qualcuno dovrà pur riuscire ad ucciderlo. Mi sto attrezzando, l’altro giorno sono stato in un’armeria (credo si dica così). Ma ho paura. Anja, solo Anja può veramente salvarmi.
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