Accademia della brusca
- Andrea Trofino
- 17 ott 2011
- Tempo di lettura: 1 min
Annacquiamo vasi per far traboccare l’ultima goccia, lacrimiamo per via di gas benefici per far attraccare l’ultimo bacio. Vanifichiamo gli sforzi onde indurci in tentazioni, induriamo le idee e addolciamo le parole per accalappiare bambini con la scusante della caramella distribuita da sconosciuti, fondiamo nuove cioccolate sul lavoro di ricostruzione di masse. Ci ammassiamo nelle strade per creare maree di folla per inondare deserti privi di acque, saliamo le scale per non addolcire gli ascensori, contiamo le ore per non dare scontati i minuti, ci dividiamo per non non perderci moltiplicandoci, ci applichiamo per non cadere dai muri.
Soffochiamo amando senza respiro. Amo senza respiro affogando in acque tempestose come rape. Cime impervie, architravi tra vecchi ed avi, tra chi la cerca nel pagliaio e chi la trova nell’occhio. Pagliuzze dimenticate d’oblio e nel mar naufragare m’è dolce attraverso d’oblò.
Occhio ai saltimbanchi che non saltino anche su sedie, cuore non vede se occhio.
Ciclopi da molteplici sviste, inciampati in una virgola tra le parole attenzione, cadi. Esclamativi punti interrogativi, prerogative di bassi fondi dove scavare oltre, ancora, fosse biologiche dove imbalsamarsi di formaldeide, suprema sostanza inodore di carattere divino, alcool disinfettante per ferite che gocciolano all’ultimo stadio.
Sarcofaghi pieni di scarafaggi sedotti dalle sabbie del tempio dove vive la mummia egizia. Ecco, è tutto ciò che non ci serve, tutto ciò che non serve ai padroni tutto ciò che non è schiavo, non serve, libera, libera la corrente che ci fa battere cuori sui marciapiedi.
Liberi di prostituirci.
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