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Abbandonare

  • Immagine del redattore: Andrea Trofino
    Andrea Trofino
  • 28 feb 2013
  • Tempo di lettura: 1 min

Non abbondare ciò che perdi ma abbandonare ciò che manchi. Trasbordare da un porto ad un altro, traslocare idee da un cervello grasso ad uno più fine, valicare i pensieri, oltre il confine, andare Ultra, piuttosto che oltre, è ciò che conta quando ci guardiamo le dita. Non fuggire, vivere, ma non abbordare alla prima venuta sul molo, che poi è dipartita, immolata, con un dente che fa male, la malinconia, giù di molare. Aguzza la vista, ma anche i denti, sii vampiro, mordi l’attimo fuggente che scia di sangue sulle nevi imbiancate. Ma ciò che penso è ritornare in sé, ecco il problema, ritornare nel sé e se fossi, roba da ossi senza scheletri nell’armadio. Ecco, dirò al mio cane di cercare tartufi, tanto ne vale la pena, come il porco che cerca la parca e il perché che cerca il percome. Dunque non sono, ma resisto, nella vecchiaia e in un ametista, parole senza valore al meno o al più in un’era di euro, in conflitti di nevrosi, in assenza di senso e di sesso. io riprovo, pur virginalmente, puro, casto, incastonato e castrato in un di amante, provo, dico provo, ma cerco di provocare, di nuovo, illuso e illeso, una nuova resurrezione dei peccati poiché chi non pecca non gode ed è un dato di tratto caratteriale che si butta lì, sul tappeto della roulette per trarne concussioni illecite. E’ questo, vi dico, l’unica via alla salvezza, la salvietta dell’assurdo vi asciugherà tutte le lacrime sparse e scomparse. Ma siate, dico, siate, protagonisti. 

 
 
 

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