A sangue freddo
- Andrea Trofino
- 18 ott 2019
- Tempo di lettura: 2 min
Mi sono alzato con la pistola puntata alla tempia. Al ché ho esclamato con la voce soffocata tra le labbra “Non potete uccidermi, io già sono morto”. Ovviamente non mi hanno creduto e hanno premuto il grilletto. Skiiiish, un polpettone di sangue si è chiazzato sulle pareti bianche della stanza. La porta si è chiusa lasciando una scia, un’ombra. Voi dovete indovinare chi è stato. Mi hanno già ucciso numerose in passato ed una volta che ti accade per la prima volta sviluppi resistenza e immunità ogni nuova volta che accade. Una volta che ti uccidono è come se fosse per sempre, possono ripeterlo all’infinito ma ormai, come tutte le cose nella vita ci fai l’abitudine. Mi hanno ucciso prima di tutto l’amore per le donne che ho conosciuto nella mia vita, anzi, più che l’amore stesso, la sua mancanza. Stranamente si prova mancanza dell’amore quando sei innamorato che quando non provi nulla per nessuno, anche se a volte il ricordo, può portare strane sollecitazioni alla dopamina, molecola dell’amore e della dipendenza per eccellenza. Dunque quell’uomo non mi ha potuto uccidere di nuovo. Mi sono alzato e oltre a farmi una doccia ho dovuto pulire di nuovo la stanza, quanti schizzi, sangue buttato, invece di donarlo all’AVIS, associazione a delinquere al pari di quella dei vampiri uniti per la reincarnazione di Dracula (VUD). Soldi , sempre soldi, ma il sangue non vale più granché. Una volta che ti infilano pallottole ovunque non le senti più, diventi insensibile. E’ la vita a renderti stronzo. E allora poi te lo dicono oppure lentamente scompari perché non riesci più a percepire neanche i segnali di chi ti cinguetta intorno. Scompari, lentamente scompari. E alla fine muori davvero. Non si muore perché si viene uccisi. Si muore quando si scompare.
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